Monitoraggio efficace in un contesto Agile: come i manager possono rimanere allineati senza interferire

La metodologia Agile nasce per migliorare la produttività e l’efficacia dei team di sviluppo. Tuttavia, lo stile manageriale di alcuni stakeholder esterni, come i proprietari o i manager aziendali, può alterare la dinamica del team e ostacolare la comunicazione aperta e sincera. In questo articolo, cercheremo di capire come i leader, specialmente in un contesto di imprese di piccole dimensioni, possono attuare un monitoraggio efficace in un ambiente Agile e rimanere allineati con le attività del team di sviluppo senza interferire negativamente.

L’Importanza del setting in Agile

Gli eventi Agile come il Daily Scrum, la Retrospective e in una certa misura il Planning sono progettati per creare un setting, un contesto specifico in cui il team può operare. Questo setting è regolato da un insieme di regole e condizioni il cui obiettivo è promuovere la responsabilità, la partecipazione e la trasparenza all’interno del team. L’idea è di sfruttare la correlazione positiva tra il livello di questi tre aspetti e l’efficacia e la produttività del team: un team più responsabile, partecipativo, trasparente, sarà anche più efficace e produttivo.

Senza andare alla ricerca accademica, ecco un interessante e semplice articolo sul team working con qualche altro link di approfondimento; oppure anche l’articolo di Pier Paolo Stoppino, dove tra l’altro l’autore mette in luce l’impatto di fattori soggettivi e organizzativi sui risultati.

I rischi della presenza esterna

La presenza di persone esterne, come i manager, i responsabili HR o i proprietari dell’azienda, altera questo setting.
La sola presenza, anche come semplice osservatore, di una persona estranea al team ha l’effetto di una calamita in un mucchio di limatura di ferro: catalizza, deforma e orienta le conversazioni del team. Il massimo è quando il manager, entrando nella riunione dice: “continuate pure, fate come se io non ci fossi“.
Tra le altre cose, comportamenti come questo possono portare a una comunicazione meno aperta e sincera all’interno del team, con il rischio di nascondere informazioni importanti o enfatizzare aspetti irrilevanti.
Se il motivo che ha indotto l’estraneo a prendere parte alla riunione è quello di sapere come stanno davvero le cose, è chiaro che tale esigenza, legittima, non può essere soddisfatta da una inattesa partecipazione ad un meeting.

Il problema della responsabilità

Un’altra cosa che rende difficile ai manager rapportarsi con l’agile – e con Scrum in particolare – è la responsabilità condivisa del team sulle cose da fare. Il Team è responsabile della gestione del lavoro, non Tizio o Caio. I manager invece tendono ad apprezzare l’idea di avere una sola persona responsabile di un pezzo del lavoro. A mio avviso tra i tanti cambiamenti di mentalità necessari per una efficace implementazione dell’Agile, questo è uno dei più difficili da digerire.

La responsabilità condivisa del team è invece un principio imprescindibile perchè garantisce che nel team ci sia condivisione, aiuto reciproco, sguardo d’insieme per poter, alla fine, raggiungere l’obiettivo realizzativo (che poi dovrebbe essere l’unica vera cosa che conta).

Strategie per un monitoraggio efficace Agile

Viceversa, lasciare il team libero di vivere i suoi eventi in autonomia e di condividere la responsabilità, trasmette già di per sè un messaggio importantissimo: il capo si fida di noi. Che tipicamente, in un ambiente sano, genera un «e quindi, per rispondere alla fiducia, dobbiamo dare il meglio di noi».

Ma da dove viene l’esigenza di controllo? Il titolare di un’azienda ha fatto investimenti, sostiene dei costi. In una piccola impresa ciò può aver comportato distogliere mezzi altrimenti a disposizione della propria famiglia, o aver contratto debiti con le banche, per investirli sull’attività di impresa. E’ chiaro che chiunque vorrebbe vedere che fine stanno facendo i denari così faticosamente reperiti e messi da parte.
Poi ci sono ovviamente maggiori o minori predisposizioni individuali al controllo dell’ansia e alla fiducia interpersonale. Ma anche uno stile di management, costruito con l’esperienza, basato più sul controllo dei comportamenti che sul conseguimento di obiettivi.

Se già è un problema quando i membri di un team di sviluppo si concentrano eccessivamente sui compiti specifici, trascurando gli obiettivi e il contesto più ampio dell’azienda, questo atteggiamento è ancora più dannoso se adottato dal management.

Il compito del manager infatti è di guardare al contesto ampio, alle finalità, al senso delle attività e semmai di rilanciare tali elementi tra i collaboratori, quando necessario.

La legittima esigenza di essere allineati agli sviluppi in corso ed anche sulle eventuali problematiche di cooperazione nel team devono quindi trovare altre strade per poter essere soddisfatte. Vediamone alcune insieme.

1. Abitudine al successo

Se siamo in grado di fornire ad un team mediamente competente obiettivi chiari, mezzi per raggiungerli e un clima di fiducia di fondo, ci aspettiamo che tali obiettivi verranno raggiunti, incassando un successo.

Queste esperienze di successo incoraggiano il team a fare sempre meglio la propria parte e il manager a fornire in modo sempre più convinto la fiducia e i mezzi necessari. Questo è un ciclo virtuoso che promuove la produttività e l’efficacia, sposta l’attenzione su obiettivi e risultati, esalta la professionalità e riduce l’ansia da controllo del management.

2. Eventi Agile specifici

Eventi come la Review e il Planning sono progettati per coinvolgere gli stakeholder e il management. Sono situazioni in cui si punta l’attenzione sugli obiettivi raggiunti o da raggiungere, elevando il livello professionale della discussione, alzando lo sguardo più in là dal quotidiano lavoro di sviluppo.

Una accurata ed efficace preparazione di questi eventi produce una comprensione condivisa degli obiettivi e dello stato di realizzazione tra il team e gli stakeholders.

3. Metriche Agile

Vi sono delle metriche, utilizzabili in un contesto di sviluppo agile, che possono dare informazioni sullo stato di salute del team e sulla qualità del lavoro svolto.

Sono metriche che possono non avere senso in alcuni contesti o framework e che comunque, essendo dei puri e semplici numeri, bisogna leggere all’interno dell’organizzazione e dei suoi obiettivi.

Una metrica accuratamente calcolata non mi dirà mai nulla di significativo per un efficace monitoraggio Agile se non sono chiari oiettivi, contesto di riferimento e risorse impegnate nel lavoro. Fatte queste dovute precisazioni, vediamone solo alcune:

  • la Velocity: numero di story point per ogni ciclo di interazione. Ci consente di prevedere le possibili date di completamento di un progetto in corso o la quantità di lavoro che potrà essere completato in un certo arco temporale
  • il Cycle Time: il tempo trascorso tra l’espressione dell’esigenza e la sua soddisfazione. Ci dice quanto tempo dovrà attendere uno stakeholder per veder soddisfatta la sua esigenza e, in generale, ci fa capire il tempo di reazione della struttura a fronte di un cambiamento.
  • il Lead Time: il tempo trascorso tra l’inizio e la fine del lavoro su un’esigenza; un incremento del Lead Time potrebbe significare che ci sono troppe attività in corso. Inoltre, analizzandolo insieme al Cycle Time si possono scoprire e analizzare colli di bottiglia nel processo di sviluppo.
  • il Bugs Count: il numero di bugs (o le ore dedicate ai bugs) sulla velocity; è un possibile indicatore della qualità del codice rilasciato in produzione.

4. Il Ruolo del Product Owner

Il Product Owner (PO) è il collegamento tra gli stakeholder e il team di sviluppo. È la prima persona a cui uno stakeholder dovrebbe rivolgersi per un monitoraggio efficace Agile. Maneggiando le priorità e condividendole con gli stakeholder e con il team, il PO porta avanti un’agenda condivisa che tempo per tempo verrà aggiornata e convalidata dai vari rilasci. Favorire un ruolo efficace del PO può migliorare la trasparenza e la comunicazione tra le parti.

5. Colloqui individuali

Come manager, titolare o responsabile HR dell’azienda, è normale e opportuno avere momenti formali e soprattutto informali di scambio con i collaboratori. Sono i momenti migliori per tastare il polso su varie cose. Solo c’è da fare una grande attenzione, in queste occasioni di contatto, a non mandare messaggi contraddittori rispetto a quelli veicolati nei contesti più formali, o di prendere posizioni che possano creare dissapori nel team, magari indirettamente o involontariamente. Ad esempio, suggerendo ad un collaboratore che sarebbe meglio lui come scrum master rispetto a quello attuale.

Attenzione, in particolare, ai conferimenti di incarico, alla richiesta di features o di attività che si dovrebbero invece chiedere nei tempi e modi opportuni. Per esempio: «senti, giacchè ti stai occupando di questo, mi estrarresti un report con i dati sull’argomento?». Per queste cose esistono e vengono pagati product owners, teams, sprint ecc…

6. Meeting periodici

Come ultima risorsa, possono essere organizzati meeting periodici per discutere lo stato delle attività e condividere aggiornamenti. Meglio se i meeting coinvolgono più team diversi e sono ben strutturati in modo da essere interessanti e non percepiti come perdite di tempo dai partecipanti.

I meeting dovrebbero essere allora utilizzati con parsimonia e ben preparati, data la loro natura costosa in tempo e risorse. Se bene utilizzati, in ogni caso, anche i meeting possono dare il contributo ad un efficace monitoraggio del processo di sviluppo Agile.

Conclusione

Mantenere un equilibrio tra il desiderio di rimanere informati e la necessità di non interferire con la dinamica del team è una sfida.

La premessa di tutto è che ci sia un approccio professionale del management alla gestione delle risorse umane e dell’organizzazione aziendale. Una sorta di “stato di diritto” nell’azienda per cui le regole valgano anche per coloro che quelle regole le hanno stabilite.

Questo rispetto delle regole, che è anche e soprattutto rispetto delle persone, è una delle chiavi per una gestione manageriale di successo.

Pubblicato da Gianni Tommasi

Per molti anni analista di organizzazione, dà un senso alla suo lavoro cercando di risolvere più problemi di quanti ne crea. Nonostante la stazza, ha fatto dell'agilità l'essenza della sua vita professionale; crede nel lavoro di gruppo tanto quanto nello smart working, perché in ufficio non si deve andare a lavorare ma semmai a creare. E pensa che l'intelligenza vada sempre apprezzata, anche quando è artificiale.

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