Knowledge Sharing: il KPI necessario

Knowledge Sharing: ‘Nice-to-Have’?

Spesso si pensa al knowledge sharing intra-aziendale come ad una sorta di attività secondaria, ‘nice-to-have’. Quasi sempre viene relegato a priorità minore rispetto a progetti e sviluppi quotidiani. L’idea di fondo è che non ci sia una diretta correlazione tra conoscenza, esperienza e parametri aziendali fondamentali, il fatturato ad esempio.
Niente di più falso.
Lasciate che vi parli di un avvenimento cui mi è capitato di assistere realmente, e che mostra il valore intrinseco e tangibile della condivisione della conoscenza all’interno di qualsiasi ambiente di lavoro.
All’interno di una nota multinazionale, esistevano due diverse Business Unit, appartenenti alla medesima macro-organizzazione, ognuna delle quali dedicata ad un diverso settore di mercato. Anche i gruppi di progettazione e sviluppo erano separati, mentre le fabbriche di riferimento condivise, soluzione forzata dall’elevato costo dei macchinari della linea produttiva.

Il knowledge sharing come mezzo per creare più lavoro, non per fare guerre in azienda

Assenza di scambi di informazione e collaborazione? Pessimi risultati

Ai due gruppi furono, di anno in anno, assegnati obiettivi di fatturato molto aggressivi. Entrambi i mercati di riferimento erano in rapida ascesa e il trend andava sfruttato al massimo. I clienti finali erano spesso diversi, nonostante i dispositivi da vendere molto simili tra di loro. Così, tra i due team, nacque una naturale competizione, accentuata dal rapporto non troppo amichevole tra i due responsabili.
Può sembrare incredibile, ma persino all’interno di multinazionali di grande dimensione, di frequente scelte e valutazioni personali del tutto soggettive, antipatie, scelte puramente istintive indirizzano il risultato finale. Questo avviene spesso, anche e soprattutto in Italia, dove c’è una minore capacità di strutturare le organizzazioni e definire procedure (che infatti dovrebbero avere il fine di garantire la massima oggettività ed efficienza decisionale)
Cosi`, nel tempo, tra i due gruppi si creò una frattura sempre più profonda, ad ogni livello, persino a cominciare dai team tecnici. Questi sviluppavano i dispositivi quasi del tutto indipendentemente, pur dovendo far riferimento alla stessa tecnologia di supporto.
La cosa passava ai più inosservata, anche ai livelli più alti: in fondo i fatturati crescevano più o meno in linea con gli obiettivi.

Due eventi cambiano l’intero modus operandi

Successivamente, tuttavia, intervennero due eventi in grado di mettere in discussione l’intero modus operandi:

  1. I costi fissi legati allo sviluppo dei dispositivi cominciarono a crescere oltre misura: non essendoci comunicazione, né coordinamento dall’alto, veniva a mancare anche la razionalizzazione delle spese, per software e per tutti gli altri strumenti indispensabili allo sviluppo di prototipi e alla loro qualifica.
  2. Il caso, o meglio la fortuna, volle che un grosso cliente, tra i maggiori leader in entrambi i mercati in questione, fosse interessato ad un dispositivo in via di sviluppo contemporaneamente in entrambe le Divisioni! Dato che la mancanza di dialogo tra i due gruppi era arrivata a includere anche le aree Marketing e Sales, il cliente entrò in contatto con uno solo dei due “rami”. In breve, il risultato fu deprimente: il dispositivo che incontrava maggiormente le specifiche tecniche richieste apparteneva, manco a dirlo, alla Divisione non contattata. Persino sui prezzi, incredibilmente, le Divisioni si facevano concorrenza nascosta, divorandosi margine a vicenda! Paradossalmente, quindi, pur avendo in portafoglio quanto necessario, vennero persero mesi prima di un chiarimento tecnico e commerciale.
    Inutile dire che anche l’immagine dell’azienda non uscì affatto bene dall’accaduto: questa mancanza di comunicazione aveva passato un messaggio di sostanziale disorganizzazione.

Knowledge Sharing: KPI!

Knowledge Sharing è coordinamento

Che indicazioni utili possiamo trarre dalla situazione appena descritta ?

Innanzitutto, che un buon Management dovrebbe sforzarsi di creare un’organizzazione a prova di ‘debolezze umane’. L’antipatia, la competizione e l’interesse personale non dovrebbero, nei limiti del possibile, mai poter impattare troppo sul risultato finale. È necessario che la definizione dei Ruoli e delle Responsabilità porti anche verso organismi di controllo, dato che la decisione puramente individuale è, per definizione, rischiosa e imperfetta. Ovviamente, è necessario cercare costantemente in equilibrio, limitando macchinose burocrazie.
L’efficienza di un processo decisionale dovrebbe essere un parametro sempre sotto esame, parte delle KPI aziendali.
È talvolta persino consigliabile mettere in competizione dei gruppi, ma, anche in questo caso, è fondamentale introdurre elementi equilibranti e soprattutto sessioni di verifica trasversale e, soprattutto, condivisione delle informazioni.
Come vediamo nel mondo in generale, l’informazione è potere, sia dal punto di vista prettamente tecnico che gestionale. Questo è ancor più vero all’interno di una struttura aziendale. Nell’ambito di qualsiasi sviluppo, infatti, si commettono errori, fanno valutazioni parziali, si crea insomma quell’humus di informazione che viene definita “esperienza”. La condivisione di questa e`, quasi sempre, utile ad altri team, quanto meno per impedire di percorrere identici cammini fallaci, e far risparmiare tempo e denaro.
Il knowledge sharing dovrebbe essere concretamente incentivato, organizzando un sistema di premiazione effettivo del tempo che vi viene dedicato.

Idealmente, dovremmo introdurre dei veri e propri ruoli ad esso dedicati.

La potenza del Knowledge Sharing cui contribuiscono tante mani diverse

Il Know-How è denaro, da condividere…

Deve entrare nel mindset aziendale: l’informazione ha la concretezza e la dignità di un prodotto effettivo, qualsiasi dettaglio può potenzialmente costruire quello che si definisce know-how della compagnia, un insieme di conoscenze utile per definizione.
Paradossalmente, persino la consapevolezza dell’inutilità di un’informazione, o dell’assenza di un risultato significativo, costituisce una notizia utile.
Da conoscenza nasce nuova conoscenza, è un processo ineluttabile ed inesauribile.

Dalle Multinazionali al Mondo

Come ho cercato di dire in un precedente articolo (https://www.bizanalysis.org/elogio-della-multinazionale/), uno dei pregi della multinazionale è che può diventare anche un “laboratorio sociale” da esportare nel mondo esterno.
Interessante ciò che si evince spesso dalla trasmissione del canale DW – “The 77 percent”. E` una sorta di telegiornale dedicato alla gioventù Africana. In questa striscia quotidiana, traspare che sia proprio la mancanza di conoscenza e di esperienza, non solo carenze economiche, a bloccare lo sviluppo di iniziative scolastiche, di start-up e imprese. Insomma lo sviluppo che il “Continente Nero” meriterebbe e che ha potenzialmente in seno, viene inibito dalla manzanza di know-how.
La condivisione del Sapere è il modello democratico cui tendere, per permettere una crescita uniforme a livello planetario. Spesso dimentichiamo che, dalla squadra di calcio alla multinazionale, dal gruppo di studio al Consiglio dei Ministri, i migliori risultati vengono ottenuti in un ambiente costruttivo, in una condizione “win-win”, in cui tutti vengono messi nelle migliori condizioni per giovare alla causa comune.
Per contro, lo sbilanciamento a favore di pochi, i piccoli vantaggi individuali, portano a vittorie effimere, di breve termine.
In un ambiente che non cresce, tutti sono destinati alla sconfitta finale.
Fortunatamente, questo sta diventando un pensiero diffuso: interessante l’esperimento di www.free-lessons.org, in cui esperti di qualsiasi materia si mettono al servizio di studenti interessati, gratuitamente.

Donare conoscenza viene, giustamente, equiparato alla beneficienza ordinaria, di denaro.

Knowledge Sharing anche tramite servizi internet quali free-lessons.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *